arteteatro e....Giulio Scarpati

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venerdì 13 novembre 2009

La tournée di "Troppo buono" in video


da ELENA

Posted by Admin at 19:44
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Il libro scritto da Giulio Scarpati

Il libro scritto da Giulio Scarpati
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“Non si recita per guadagnarsi il pane: si recita per mentire, per smentirsi, per essere quello che non si è, perché se ne ha abbastanza di essere quello che si è. Si recita per conoscere se stessi, o perché ci si conosce troppo già. Recitiamo parti di eroi perché siamo dei vili, parti di santi perché siamo dei peccatori e parti di assassini perché si avrebbe voglia di ammazzare il nostro prossimo. Si recita perché si è dei bugiardi fin dalla nascita, perché amiamo la verità e la odiamo nello stesso tempo; ma soprattutto recitiamo perché diventeremmo dei pazzi non recitando.”(Edmud Kean)

Versi,immagini ,recensioni, riflessioni e pensieri in libertà...

Giulio Scarpati in teatro: "55 minuti che raccontano una vita"

Giulio Scarpati in teatro: "55 minuti che raccontano una vita"
di Anna Maffei
Un testo difficile, ”La notte poco prima della foresta” di Bernard-Marie Koltès, uno dei più inquieti ed inquietanti drammaturghi francesi degli anni ottanta. In tournée per due mesi, l’attore Giulio Scarpati ha “sfidato “ se stesso e il suo pubblico proponendosi in una veste completamente diversa. Benevento, Milano, Napoli: queste alcune delle tappe di un tour forse un po’ breve data la notevole qualità del prodotto teatrale. Certamente il successo di “Cuore” lo ha riproposto al grande pubblico televisivo; è tornato ancora in TV, su Rai Uno, nel film “Resurrezione” dei Fratelli Taviani ma le attese del pubblico sembrano essere sempre quelle di ruoli pacati, confidenziali, rassicuranti… Invece la sorpresa. Nello spettacolo di Koltès, con la regia di Nora Venturini, Scarpati scuote tutti.
Intanto un monologo. Difficile “entrarci”, da spettatore, ma qui, in una scena spoglia, con solo una sedia vuota e un giubbotto di pelle nera, c’era tutto.Suoni metropolitani, melodie spezzate, ritmi lontani in una realtà buia, rotta da fasci di luce. E un’attesa. Sembrava dovesse giungere qualcuno o qualcosa all’improvviso… A guardar bene ,invece, c’era già tutto: lui, lo “straniero”, occupava lo spazio nero con i suoi pensieri, ora schivando gli specchi schizzati di pioggia che lo circondavano, ora aggrappandosi, disperato. Le parole sgorgavano dalla mente, dal cuore, dai visceri: un fiume ininterrotto, frenetico, rabbioso. Forse desiderio di vendetta: vendicarsi di quegli “stronzi attruppati alle spalle” [cit.], che ti usano a loro piacimento, o delle donnine bionde che ti attraggono e poi… ti imbrogliano. Ma non è vendetta. E’ bisogno di comunicare, trovare il modo per farlo, senza rinnegarsi.E poi la voce dell’attore: affannata, decisa, poi disperata, improvvisamente dolce, carezzevole, quasi flebile e indifesa di fronte a un mondo avverso che “copre”, “affossa” come la “puttana che mangiava la terra dei cimiteri” [cit.] di cui nessuno voleva sentir parlare. Un’emarginazione resa in modo esasperato che, però, non ha fatto ‘tendere i nervi’ al pubblico. Si restava rapiti da quel tessuto di parole, dai ‘ritorni’ dei pensieri che poi non erano più gli stessi: tornavano sempre più ricchi, più pieni. Emozionante il finale, benché finale non fosse perché la ‘pioggia’ che continuava a cadere sul protagonista dava il senso di qualcosa che non può mai finire… ma emozionante perché d’improvviso si fa luce nella sua mente e tutto scorre veloce: i suoi incontri, le bruttezze, le illusioni. Prima che le luci si spengano e la musica svanisca, è bello l’abbraccio, segno di un amore che finalmente si dichiara, a quell’agognato ‘compagno di viaggio’ che non è lì (c’è il suo giubbotto) ma è solo un’evocazione. Così come evocato è un campo d’erba dove sdraiarsi, degli alberi, un posto sicuro, tranquillo, senza doversi nascondere ai margini di una foresta per non essere ‘preso’ e ‘sbattuto’ ancora una volta in un altro posto.Davvero incisiva, dunque, in questa pièce l’interpretazione di Giulio Scarpati; i suoi occhi indagavano lo spazio scenico con uno sguardo che aveva ‘il punto di fuga all’infinito’; la voce ora strozzata dalla rabbia, ora dolce per il ricordo, attirava. Finalmente un ruolo che evidenzia una forte carica interiore e, al tempo stesso, un’aggressività e una sensualità che gli stanno davvero bene addosso. Probabilmente questo è il vero Scarpati e il pubblico se n’è accorto. D’altronde la sua ‘nascita’ come artista è avvenuta sul palcoscenico di un teatro.Forse non tutti lo sanno.

“UNA STORIA D’AMORE”-CHECOV-CHECHOVA(2004/2006)

“UNA STORIA D’AMORE”-CHECOV-CHECHOVA(2004/2006)
di Anna Maffei
“A Jalta c’è la nebbia. Il giorno del mio onomastico è passato in un lugubre silenzio; stavo male”.Sono le parole di Anton Pavlovic Cechov, il 17 gennaio 1900,quattro anni prima di morire. Lo scrittore soffriva di una grave tubercolosi da tempo e lì, a Yalta, era costretto a stare per “arginare “ la malattia. Medico egli stesso, era consapevole che fossero solo tentativi ma, paradossalmente, quelli trascorsi in Crimea, furono gli anni più intensi e ricchi di vita. Così, il Cechov quasi rassegnato a smettere di scrivere per il teatro trova, nel manifesto del nuovo Teatro d’Arte di Mosca, l’occasione di far rappresentare le sue opere che tanto avevano in comune con il rivoluzionario progetto di Stanislawsky e Nemirovic. Questi registi protestavano” contro la vecchia maniera di recitare…e contro la teatralità, la falsa enfasi, la declamazione…”.” Il Gabbiano” fu allestito in quegli anni ed ottenne un successo trionfale tanto che, ancora oggi, il Teatro Accademico di Mosca ha come simbolo l’immagine stilizzata di un gabbiano in volo.Tuttavia ‘l’evento’ più inaspettato ma forse desiderato da tempo fu per Cechov l’incontro con l’amore; giunse, come egli affermava scherzosamente, quando ‘stava per chiudere con la vita’. Olga Knipper, giovane attrice conosciuta anni prima e corteggiata discretamente, avrebbe occupato un posto esclusivo nel suo cuore e nei suoi pensieri.Lo spettacolo “Una storia d’amore” interpretato da Giulio Scarpati e Lorenza Indovina, tratto da un testo di Francois Nocher con la regia di Nora Venturini, ripercorre, in presa diretta, i rapporti tra lo scrittore e l’attrice: dapprima un simpatico gioco, poi la tenerezza , fino a trasformarsi in autentico legame. Li univa una comunanza d’interessi e passioni su cui era destinato a regnare, sempre, genio malefico e benigno al tempo stesso, il Teatro, luogo spirituale di sintonia e motivo di lontananze fisiche. Il carteggio Anton- Olga diventa così, sulla scena, un diario particolare dove s’intrecciano fatti concreti, cronaca del quotidiano e idee creative.Gli attori danno voce a queste emozioni che partono dalle lettere ed attraversano la vita, i lavori per il teatro da lui scritti e da lei recitati, l’ansia delle ‘prime’, gli imprevisti, la gioia dei successi. Mai lettere banali: ogni parola ha una sua intonazione ed anche le considerazioni sul tempo atmosferico, “il caldo..il solicello che riscalda..il freddo e la pioggia”,sono segni delle attese e delle separazioni. Lui la chiama ‘cagnolino,puledrina, insettuccio, tortorella’,nomignoli che esprimono l’intimità di un amore assolutamente non convenzionale.Il loro matrimonio a distanza, infatti, sollevò a quel tempo perplessità e polemiche ma essi sono lo specchio delle ansie e delle rivoluzioni ideologiche del secolo. Un rapporto non asfittico: Olga non divenne mai l’ancella di Cechov, silenziosa compagna che tutto di sé sacrifica al marito-genio della letteratura; né Cechov le chiese mai di rinunciare alla scena.E in questo reciproco rispettarsi, stimarsi ed accogliersi, nell’autonomia, essi seppero, lui a Yalta, lei a Mosca, vivere quella condizione ineliminabile di solitudine che dell’autonomia stessa è fondamento. I dialoghi lasciano emergere chiara la poetica di un grande della letteratura che amava portare sulla scena “ mai nulla di superfluo”, piuttosto la “struttura dell’anima” attraverso un gioco tenue di intonazioni, ritmi, pause. Olga, compagna e complice, rappresenta anche l’incarnazione scenica della “donna cechoviana”: un personaggio inafferrabile, delicato e complesso, ricco di sfaccettature ma unico ed irripetibile. Nella vita, poi, lei sapeva essere come lui desiderava: “una luna che non compaia nel mio cielo ogni giorno..”- diceva. Così, quando c’era, egli poteva davvero coglierne tutto il suo splendore.


Stessa scenografia, stessi interpreti, stesso testo eppure tutto sembra mutare, la seconda volta. Uno spettacolo teatrale( così come un’opera d’arte pittorica) può aprire spiragli, nella mente dello spettatore, sempre diversi, ogni volta che si ha modo di ‘rivederlo’.“Una storia d’amore”, pièce tratta dal carteggio tra lo scrittore Anton Cechov e l’attrice Olga Knipper, in tournée per la seconda ripresa, ‘scivola’ sul palco leggera, fra ritmi, pause, riflessioni, tristezze,sorrisi. Le parole delle missive non appaiono “lette”: si ha la sensazione che ‘volino’, ballando tra commozione e dolcezza, da una parte all’altra di quella scena doppia. Lui medita, scrive, soffre per la sua malattia-senza mai troppo dirlo, però…- e per il forzato ritiro a Yalta, muovendosi tra una finestra, una scrivania appena illuminata e una stufa.Lei,volitiva, sfavilla con la sua esuberanza, nei camerini dei teatri dove interpreta i personaggi che Anton cerca di ‘cucirle addosso’..Si muove tra ansie, successi, critiche, applausi .Mai, tuttavia, abbandona il suo Anton:”Non ti arrabbiare,caro..Scaccia lontano da te i pensieri inutili…Scrivi e ama ciascuna tua parola, ciascun pensiero, ciascuna creatura che coltivi e sappi che tutto questo è indispensabile all’umanità…Non scoraggiarti, scrivi la pièce ti supplico! Io ti comprendo tutto, profondamente…ti sento…”. Così lo sprona Olga quanto talvolta in lui si smorzava la spinta a scrivere le opere. Opere che ‘appartenevano’ ad entrambi e costituivano quella trama via via sempre più fitta che rafforzava e donava nuova linfa al loro già appassionato amore.Si percepisce appena dalle parole( poche, in verità, come Cechov voleva : “La brevità è sorella del talento”) e da poche battute, il mondo che li circonda. E’ un’epoca di forti contraddizioni e cambiamenti, falsi moralismi e i segni già palesi di un’ imminente rivoluzione. Tutto, intanto, è solo sapientemente citato perché, su tutto, domina la loro ‘storia d’amore’. Diversamente non poteva intitolarsi, questa pièce. S’incontrano, quando possono, Anton e Olga: passeggiano in riva al mare, ‘posano’ per foto di rito in incontri mondani ammiccando sorrisi sornioni perché sanno che quello che conta ‘davvero’ è il loro legame. Così semplice, così tenace da superare le difficoltà della lontananza, le critiche dei benpensanti, il dolore.Il letto, al centro della scena,”bicolore” come le loro vite parallele ne è un po’ anche il simbolo. Lì ,i tanto desiderati incontri carnali;lì le tenerezze e gli sfoghi, le paure, le speranze, i rimorsi. E sempre le parole diventano azioni e le azioni diventano parole, semplici, come quelle di tutti gli innamorati, di tutte le epoche…..Non facile ‘ridurre’ ben 400 lettere dense di particolari del ‘quotidiano’ nonché di umori e sensazioni. La regista Nora Venturini ci è riuscita bene, attraverso dialoghi fatti di frammenti di parole dirette o oblique, di rotture di tono, di slittamenti, di divagazioni, in un ordine che sembra essere quello della vita stessa. La storia assume inoltre una connotazione , se si vuole, anche gioiosa: il tema della morte del protagonista, prevista e consapevolmente attesa, ‘mai’ incombe sulla scena, nemmeno quando arriva, improvvisa. Olga, infatti, lo ‘evoca’ soltanto, quel distacco, che non sarà mai definitivo: il loro amore continuerà a vivere, attraverso il Teatro e le lettere che scriverà ad Anton per gli anni a seguire pur se ‘lui’ non c’è più.Questo, in fondo, lo scrittore Anton Cechov voleva fosse un’opera teatrale: un racconto di vite ‘suggerito’ da piccoli, essenziali cenni; un realismo immaginato ed immaginabile. Tutto lo spettacolo- oltre che dai bei costumi , le luci, le musiche, le voci ‘fuori campo’- attinge la sua suggestione e la sua coinvolgente carica emotiva dalla generosità interpretativa degli attori.Lorenza Indovina dona alla sua Olga il brio e la passionalità dell’attrice del nuovo teatro russo. Giulio Scarpati convince, ancora una volta, per la sua salda, pacata, ma energica espressività di bravo interprete di teatro, padrone della scena;lascia trasparire, tra alterni toni, il ‘lavoro’ minuzioso sul suo personaggio. C’è “l’uomo” Cechov, e la sua dignità di fronte al dolore, una dignità che è assolutamente umana prima che artistica."Prendi qualcosa dalla vita reale, d' ogni giorno, senza trama e senza finale",diceva lo scrittore: Cechov seppe dipingere la vita così com' era facendo, proprio della letteratura, uno strumento fondamentale di rivendicazione di uno dei beni più preziosi dell' umanità: la libertà. E qui la libertà, la leggerezza dell’amore, della gioia ma anche ,paradossalmente,della sofferenza sono ‘date’ a piene mani.Si va via, a fine spettacolo, con la piacevole convinzione che il teatro può ancora, per fortuna, profondamente emozionare!
di Anna Maffei

sensazioni....

sensazioni....
"Cosa importa che sia una malattia - decise infine - e che sia un impulso anormale,
se il momento della sensazione, ripensato e osservato una volta tornato in condizioni di salute,
si rivela come massimo grado dell'armonia,
della bellezza,
dà un senso di pienezza
mai provato e immaginato fino a quel momento,
di equilibrio, di pacificazione
e di entusiastica, fervente fusione con la suprema sintesi della vita…?"

Lev Nikolaevich Myshkin "L'Idiota" di F.M. Dostoevskij

Voce nella folla

Voce nella folla
Se doveste vedere
un uomo
che cammina per una via affollata
e parla ad alta voce a se stesso
non correte in direzione opposta
ma corretegli incontro
perché è un poeta!
Non avete niente da temere
dal poeta tranne la verità.

Ted Joans, 1961

la leggerezza.............

la leggerezza.............
un 'non peso'
Una gonna sottile che si muove, seguendo il movimento di un corpo.
Una linea invisibile di emozioni.
Una piuma che cade.
Un bacio.
Una parola, un sorriso.
Un uccello in volo.
Un’oliva che rotola sul tavolo.
Che cos’è la Leggerezza?Difficile dirlo......
Un non peso?Una sensazione di felicità diffusa, di possibilità, un’emozione essa stessa?Forse quando si ama si diventa leggeri a tal punto che si riuscirebbe anche a volare.Ma amare è difficile, amare con Leggerezza, dove dare diventa gratuito senza la pretesa di un prendere.........
Leggerezza è un invito a tutti a perdere peso, a non rabbuiarsi, a non smettere mai di sognare, di credere in un sorriso, in una piuma che cade, in una gonna sottile, un un’oliva che rotola sul tavolo.

sui classici..

sui classici..
« L’Orlando Furioso è un’immensa partita di scacchi che si gioca sulla carta geografica del mondo, una partita smisurata, che si dirama in tante partite simultanee. La carta del mondo è ben più vasta d’una scacchiera, ma su di essa le mosse d’ogni personaggio si susseguono secondo regole fisse come per i pezzi degli scacchi. » I.Calvino

Solitudine....amore

Solitudine....amore
Solo e pensoso
i più deserti campi vo mesurando
a passi tardi e lenti,
e gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman l'arena stampi.

Altro schermo non trovo
che mi scampi dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d'alegrezza spenti
di fuor si legge com'io dentro avampi:

sì ch'io mi credo omai che
monti et piagge e fiumi et selve
sappian di che tempre sia la mia vita,
ch'è celata altrui.

Ma pur sì aspre vie né sì selvagge

cercar non so
ch'Amor non venga sempre ragionando con meco,
et io collui.

Francesco Petrarca

GIULIO SCARPATI 'da piccolo'con la sua micia Pussy

GIULIO SCARPATI 'da piccolo'con la sua micia Pussy
"Puoi scrivere una lettera ed usare la matita; prima o poi verrà cancellata.
Puoi scrivere una lettera e servirti di una penna; l'inchiostro sbiadirà nel tempo.
Puoi scrivere una lettera sulla sabbia e sta sicuro che scomparirà con la prima onda del mare.
Puoi scrivere una lettera scolpendola nella pietra;
la pioggia, goccia a goccia, la scaverà
fino a confonderla con le sue nervature.
Ma se scrivi due righe,
anche due soltanto,
non ci sarà matita, nè tempo,
nè onda, nè pioggia
a distruggerle
se sarà la voce del tuo cuore,
gioioso o disperato ma sempre comunque sincero, che porterà le tue parole
a chi saprà afferarle e tenerle con sè per sempre"

I SOGNI

I SOGNI
I Sogni non svaniscono all’alba
riaprendo gli occhi dopo gli incubi della notte.
I Sogni non si sciolgono al sole
come la neve in chiazze di acqua stagnante.
I Sogni non fuggono col vento
portati via con le foglie dorate d’autunno.
I Sogni restano per sempre con te,
se ti addormenti la sera
convinta che al mattino si saranno realizzati.
I Sogni ti riscaldano come il sole,
se il tuo cuore è pronto a tenerli con sé.
I Sogni sono come una brezza sottile
che ti sfiora i capelli in un mattino di primavera.
Accettali; afferrali; non farli scivolar via dalle dita
come granelli di sabbia in un pugno serrato …
Tienili, geloso custode, racchiusi dentro di te
o riprendili, se sono fuggiti!
Un giorno ti serviranno …
quando ti sembrerà di non aver più niente in cui credere.
Ed allora ti tornerà quel sorriso
che credevi spento per sempre.

E.S.

PETER PAN

PETER PAN

Una sera chiesi alla luna di illuminarmi il cammino.
E la luna si spense.
Ho chiesto, una notte, alle stelle di brillare di luce argentata per vedere dove andavo.
E il cielo, quella notte, non ebbe più stelle.
La mattina mi sono svegliata,
sicura che il sole avrebbe scaldato il mio animo.
E quel giorno una nebbia fittissima ricoprì tutta la terra.
Tristemente, dopo giorni d’angoscia, mi sono addormentata.
E mi trovai a camminare in un bosco fiorito,
dove i rami degli alberi si spostavano per far passare i raggi del sole.
All’improvviso comparve un folletto che, sorridendo in silenzio, mi prese per mano.
In un sacco portava la luce della luna e, tutto intorno, gli brillavano le stelle.
Sui suoi occhi sorridenti s’era posato il sole d’estate
che, magicamente, emanava luce e calore.
Una tranquilla sicurezza di aver ritrovata la strada perduta,
una sconosciuta fiducia nella vita, sensazioni dimenticate,
s’impossessarono di me.
Mi svegliai.
E capii che quel folletto non mi avrebbe mai più abbandonata
e che, inconsapevole, mi aveva regalato la speranza.

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Il brindisi col Blog - Roma, aprile 2014

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Giulio Scarpati e l'admin del blog-'Oscura immensità' Napoli, novembre 2012

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IL BLOG DI GIULIO,GLI ATTORI, LA REGISTA

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Cinecittà-set di "Un medico in famiglia 7" 31 marzo 2011

....tra copioni, foto di scena e computers...

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dicembre 2011
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