venerdì 26 ottobre 2007

Dal settimanale della diocesi di Carpi " Notizie" n.36 di domenica 21 Ottobre 2007.


nelle vesti di Don Zeno

E' DI QUALCHE GIORNO FA.Prossimi alla conclusione del film, una giornalista del posto ha incontrato Giulio
Intervista a Giulio Scarpati

Incontriamo l’attore Giulio Scarpati in piazza Pomposa a Modena, dove la troupe sta girando alcune scene della fiction “L’uomo di Nomadelfia”. Sono gli ultimi giorni di riprese, da domani (martedì 16 ottobre) si gira in Curia a Carpi e poi si torna a casa. È quindi il momento giusto per fare il punto della situazione con l’attore che nella fiction interpreta la figura di don Zeno Saltini.

Questa mattina (lunedì 15 ottobre) eri a Roma per ricevere il premio Provincia Capitale e poi di corsa sul set del film…
Ho ricevuto questo premio con la menzione per aver interpretato don Luigi di Liegro, il fondatore della Caritas diocesana di Roma, nella serie televisiva “L’uomo della carità”. Mi è piaciuto che nella motivazione del premio ci fosse il riconoscimento alle mie scelte professionali in una direzione di partecipazione e forte impegno e a come ho tratteggiato la figura di don Luigi Di Liegro: per me è stata una bella gratificazione.

Che valore ha per te interpretare queste figure di sacerdoti “scomodi” come don Luigi e don Zeno?
Sono sacerdoti forti, in cui l’impegno sacerdotale è anche un grosso impegno civile, in tutti e due i casi ma con accenti diversi: don Zeno ha un carattere sanguigno, emiliano, con accenti di irruenza tipici, mentre don Di Liegro è più introverso, meno esplicito ma molto determinato. Comunque sia due persone con caratteri forti, che si sono scontrate in tutti i sensi, sia con le gerarchie ecclesiastiche sia con chi faceva funzioni pubbliche, perché la loro attività spirituale non poteva essere disgiunta dal bisogno di dare alle persone anche una dignità materiale.
La cosa che colpisce di più in don Zeno è l’aspetto teatrale, di rapporto schietto con il popolo, con le persone, questo modo di coinvolgerle, di dare a loro l’opportunità di non essere solo passive. Questo aspetto si unisce ad una forte carica di irruenza nei confronti delle persone che si proteggono con il loro benessere e che, al di là di qualche piccola carità, più di tanto non fanno per trovare con gli altri un rapporto di reale comunicazione.
Mi ha colpito anche l’aspetto di difficoltà con le gerarchie e la politica, con la dismissione violenta di Nomadelfia, che è l’attacco a un sogno se ci pensi. Le cose non si fanno, non cambiano anche perché non si crede che i sogni si possono realizzare.
Questa idea che lui ha avuto, molto eversiva per l’epoca, spiazzava sia la tradizione comunista di queste terre e d’altra parte sconcertava quella parte di cattolicesimo moderato e conservatore più benpensante e legato a valori conservativi.
Per cui secondo me don Zeno ha prodotto una destabilizzazione nelle coscienze, oltre ad avere rafforzato e veramente aiutato i più deboli ed emarginati. Mi sembra che le cose che lui ha fatto abbiano tutte una forte carica innovativa.

Cosa ti è piaciuto dei luoghi della Bassa dove avete girato il film?
Ti farò una confessione: io ero molto prevenuto verso i luoghi della Bassa, perché questa assenza di montagne, di movimento mi metteva paura! Ma alla fine devo dire che la squisitezza delle persone che ho incontrato mi ha fatto sembrare più bella anche la nebbia!
Mi è piaciuto innanzitutto il fatto di aver girato la fiction in piccole comunità tipo San Biagio: in questi posti ho sentito la franchezza delle persone, la generosità, l’affettuosità sincera, diretta, semplice. Il calore delle popolazioni qui intorno è stato notevole… ha anche contaminato, perché probabilmente è quello stesso calore che in anni diversi don Zeno ha sentito e al quale ha restituito la sua grande energia. Credo che don Zeno abbia voluto testimoniare anche il valore di queste persone, di queste comunità. Questo spirito è stato anche di grande aiuto per me, per lavorare al meglio.

Cosa ti porterai a casa da questa esperienza, dalle persone che hai incontrato?
A parte la loro estrema tranquillità, – li vedo sempre tranquilli beati loro, noi cittadini siamo un po’ nevrastenici, ormai sempre sotto pressione – mi porto i tanti sorrisi, gli abbracci e le tante fotografie che ho fatto con tutte le persone che venivano lì… una marea! Ho avuto anche parecchi regali, dolci, torte, vino e aceto balsamico, tutta roba buona fatta in casa. E poi ricorderò la mitica Marta della trattoria e la mitica Morena del bar!

E della gente di Nomadelfia cosa ricorderai?
Nomadelfia ha “prestato” persone, gente che ha lavorato con noi dando un grande contributo di qualità. Ricorderò tutti quelli che hanno testimoniato don Zeno avendolo conosciuto e le cose che mi hanno detto, è un grande arricchimento che ti dicano di prima mano quello che hanno saputo … per esempio quello che ti fa vedere lui piccolo in fotografia nell’album e ti racconta gli scapaccioni di don Zeno.. ti aiuta molto a capire!
E poi la loro comunità, lo stare insieme… il loro grido “VITA VITA VITA!” che hanno fatto a me e Gian Luigi (il regista) è veramente commovente, è un’esplosione di energia, di vitalità, di partecipazione. Io penso di avere capito molto più qua che non dalle cose scritte.

Laura Michelini

BOX

Stanno giungendo a conclusione le riprese de “L’uomo di Nomadelfia”, la fiction televisiva in due puntate sulla vita e le opere di don Zeno Saltini, che Raiuno trasmetterà la prossima primavera 2008. È ritornata a casa la gente di Nomadelfia che ha partecipato al film in ruoli di comparse, mentre San Biagio in Padule, frazione di San Felice, si prepara a tornare alla normalità. San Biagio infatti è il set di gran parte delle scene della fiction, “scovato” dal regista Gian Luigi Calderone e dai responsabili della produzione della Red Film, dopo che si era cercato in varie direzioni per ricostruire l’ambientazione della vicenda di don Zeno.
Altri luoghi dove viene girato il film sono le valli della Bassa modenese, la Curia di Carpi, il Palazzo Ducale e piazza Pomposa di Modena, l’Abbazia di Nonantola e Nomadelfia per la parte conclusiva della vita di don Zeno.
Oltre agli attori professionisti, tante sono le comparse, gente del luogo e nomadelfi. Con la partecipazione di tanti nomadelfi nel film, la fiction in un certo senso si intreccia strettamente con la realtà. Prezioso si è rivelato l’aiuto fornito alla produzione della famiglia Galavotti di Mirandola, in primis Gina ed Enzo, fratelli di Norina mamma di vocazione a Nomadelfia, e per questo particolarmente legati all’opera di don Zeno.

1 commento:

elena ha detto...

Credo che questo articolo sia la "degna" conclusione di una delle "fatiche" più grandi di Giulio (lo dico perchè SO che lo è stata)che, però ha già avuto tante manifestazioni di affetto e "comprensione" per il suo lavoro, che non potranno far altro che rassicurare lui e noi dell'esito positivo del lavoro. E, come lui, confermo che: "Le cose non si fanno, non cambiano anche perché non si crede che i sogni si possono realizzare"....
Invece basta solo volerlo intensamente e non pensare MAI che ci siano dei sogni irrealizzabili... Qualcuno si avvererà comunque, qualcuno no; ma resterà la gioia di averci almeno provato... Non so, io la penso così...ma io sono una "sognatrice" nata....