giovedì 28 giugno 2007

Tornare a vecchie interviste serve.......

E' DI UN PO' DI TEMPO FA ,quando era a teatro con "Aggiungi un posto a tavola", la ripresa.
IL BELLO E' ..........LA COERENZA E LA TENACIA.

Quanti "cambiano" per...un 'tornaconto'..
Giulio no!


Scarpati ha un sogno, continuare a sognare

«Se sei veramente bravo non hai bisogno di maschere»
(di Fabio Pietrosanti)
tratto da http:///www.ifattidelmese.it


(Roma 16/03/2004) -
«Ho iniziato casualmente a 12 anni a fare l’attore, perché una vicina di casa cercava un ragazzino per un spettacolo teatrale. Ho assaggiato lì il teatro. Poi a sedici anni lessi su un giornale che Elsa De Giorgi faceva una scuola di teatro e mi iscrissi. Ma la mia prima vera esperienza teatrale però fu nella Cooperativa Gruppo TeatroG, dove c’erano altri ragazzi che facevano teatro, mi avvicinai a loro iniziando a fare spettacoli. Nel frattempo studiavo Legge e lavoravo in una rivista di diritto come correttore di bozze ed accompagnavo mio padre in tribunale».
Ecco Giulio Scarpati, il Lele Martini nella serie TV “Un medico in famiglia”, la fiction per la quale la maggior parte della gente lo conosce.
Figlio di un avvocato e di un’insegnante capì da subito che l’aria dei tribunali non era fatta per lei?
«Non lo era, infatti poi dopo i primi spettacoli gettai la maschera e mi tuffai nel teatro».

Il Teatro Stabile dell’Aquila, il Piccolo di Milano, la Contemporanea di Fantoni, molti i palcoscenici che lei ha calcato fin dall’inizio della sua carriera, strizzando però un’occhio anche al cinema .
«Si, tanto teatro, tantissimo all’inizio perché la base solida dell’attore è quella. Dopo uno spettacolo teatrale mi vollero per un film, e due giorni dopo partii per Barcellona dove girai un film Paris- Barcellona, un film sul terrorismo per il quale vinsi il premio Saker di Nanni Moretti. Piccioni mi vide e mi chiamò per Chiedi la Luna. Poi feci Il giudice Ragazzino, lavorai con Scola, arrivarono il Davide di Donatello, l’Efebo D’Oro, molti riconoscimenti che mi hanno gratificato. Continuai però a fare teatro, perché a me piace fare entrambe le cose».
Ad un certo punto della sua vita la televisione, che pure aveva già fatto, entra prepotentemente nella sua vita e con lei il grande successo.
«Si, nel 1997 arriva “Il Medico in Famiglia” e da allora tutto è cambiato, più scelte, maggiori opportunità di lavoro, anche se ho mantenuto i rapporti con il teatro; con la Cooperativa di Napoli Gli Ipocriti ho fatto “Il Lorenzaccio” e, tra la prima e la seconda serie del “Medico In Famiglia” ho fatto “L’Idiota” di Dostoevsky».
Che effetto fa per un attore come lei, con un bagaglio enorme di studio e lavoro, aver dovuto indossare i panni di Lele Martini per arrivare alla grande popolarità ?
«Sa, il cinema italiano attuale non è popolare, non è quello del dopoguerra e degli anni Sessanta. E’ andato deperendo nel corso degli anni. Ho fatto film belli, come quello di Marco Tullio Giordana su Pasolini, ma il bacino di pubblico era irrisorio. Erano gratificanti per i premi ma mancava il rapporto col grande pubblico. La scelta del Medico In Famiglia, senza sapere che avrebbe avuto quel grande successo, l’ho fatta anche perché ero scontento di fare bei film che non vedeva nessuno».
Del grande successo televisivo, ha beneficiato anche la sua attività teatrale successiva?
«Certamente molta gente è entrata in teatro ed ha conosciuto l’Idiota di Dostoevsky per la curiosità di vedere Lele Martini, anche gente che non era mai entrata in teatro, quindi un modo gratificante di utilizzare un credito che hai da spendere».
Giulio Scarpati quanto deve al naturale talento e quanto al grande e duro lavoro svolto negli anni?
«Io credo di aver lavorato bene, di essermi formato pezzo a pezzo, non sono esploso al primo film o spettacolo teatrale. Credo di essere maturato nel tempo e senza tutto quel cinema e tutto quel teatro alle spalle anche il medico in famiglia avrebbe avuto un risultato diverso».
Si sente un po’ imprigionato nei panni di attore di punta della moderna drammaturgia italiana ?
«Sa, il nostro ambiente fa professione di grande amore per il teatro dicendo che è bistrattato ma a conti fatti poi quasi tutto ruota intorno alla televisione e lo spazio teatrale si riduce. I giornalisti dovrebbero imporre uno spazio teatrale e riconoscere che chi ha fatto teatro e continua a farlo nonostante faccia anche televisione, non lo fa per snobbismo né per denaro perché il paragone è improponibile. La cosa più importante è essere più forti dei pregiudizi».
E lei ci sta riuscendo, pare.
«Si ma perché sono tignoso. Molti colleghi quando iniziai a fare il “Medico” mi snobbavano, salvo poi, dopo il successo ottenuto, chiedermi una parte nella seconda serie».
Lei si dedica molto ad insegnare ai giovani, addirittura con una scuola sua. Le è mai capitato durante un provino od altro di capire di avere davanti un grande talento?
«Una grande delusione è stata per me incontrare un giorno all’aeroporto di Roma un ragazzo che lavorava lì e che conoscevo. Quel ragazzo aveva lavorato con me nel film “Compagni di Branco” ed era veramente bravo, ma non avendo i mezzi per poter aspettare il momento giusto aveva dovuto lasciare questo mondo. Purtroppo non sempre nella vita il talento si accoppia con le opportunità».
Il personaggio cui è più legato?
« “Un Giudice Ragazzino” come film ed in teatro un ragazzo malato patologico nello spettacolo “Orfani” con Fantoni e Fantastichini. Ma ho avuto la fortuna di poter fare delle scelte motivate».
Un grande attore recita anche fuori dal set, nella vita?
«Io ho visto che tutte le persone che ammiravo sul set erano le stesse nella vita. Se sei veramente bravo non hai bisogno di vestire nessuna maschera. Nella vita uno è quello che è».
E’ vero che è lunatico e che sua moglie la definisce un rompiballe?
«Se ne dicono tante. Probabilmente».
Un suo pregio ed un suo difetto.
«Un pregio è la sensibilità e la disponibilità che ho. Un difetto è che sono un po’ permaloso e pignolo, ma dipende da come sto con me stesso».
“Aggiungi Un Posto a Tavola”. Come mai ha scelto un musical?
«E’ una scommessa, un attore deve provare a fare cose diverse così eviti di essere catalogato, e comunque vari».
Nostalgia della TV ?
«Si, una buona televisione però, di un bel prodotto, mentre mi pare che ultimamente stia perdendo un po’ di qualità».
Giulio Scarpati ha ancora un sogno nel cassetto?
«Forse il sogno che non si confessa è prolungare questo sogno che stai vivendo, avere sempre la possibilità di stare qui in questo bel camerino a parlare con Lei e fare il mio lavoro».

Articolo inserito il 16/03/2004 nel n. 3 - Marzo 2004

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