domenica 22 aprile 2007

DA PRENDERE MOLTO CON.....LE PINZE...

NON SI SA MAI...FORSE E' VERO...
DI IPOTESI SULLA MESSA IN ONDA DEL FILM TV "L'UOMO DELLA CARITA'" NE SON STATE FATTE DAVVERO TANTE.
ORA QUI C'E' UN ARTICOLO DI QUALCHE GIORNO FA CHE NE METTE ALTRE, DI DATE....SPERIAMO...
ATTENDIAMO,PERO',CONFERME 'UFFICIALI'.



Maurizio Caverzan per “Il Giornale”1 – CANALE 5, MAGGIO A TUTTA FICTIONIl maggio di Mediaset, anzi, di Canale 5, parlerà la lingua della fiction, forse l'anello più debole della programmazione della tv commerciale. Dopo la serie con madre e figlia Sandrelli, arriveranno quattro puntate del Giudice Mastrangelo con Diego Abatantuono e Alessia Marcuzzi, reduce dal settimo Grande Fratello, e Il Piper con Martina Stella, Anna Falchi e Massimo Ghini. Tre miniserie per le ultime settimane di maggio, sempre in garanzia: Maria Montessori, la donna che cambiò la scuola, con Paola Cortellesi (il 14 e 15), L'amore e la guerra con Daniele Liotti e ancora Martina Stella (il 21 e 22), infine, il 28 e 29, vedremo Giulio Scarpati nei panni di don Di Liegro, fondatore della Caritas.



Qui di seguito una bella testimonianza sul personaggio che Giulio interpreta
Testimone di Pace don Luigi Di Liegro




La stampa nazionale lo aveva definito "il Monsignore dei poveri, dei diseredati, il prete degli immigrati" e proprio agli immigrati Don Luigi Di Liegro ha dedicato le maggiori energie, la sua vita. Di queste tematiche si occupò fin da giovanissimo, come vice parroco di San Leone, chiesa della periferia di Roma. Ma il suo sentirsi così vicino alle problematiche dei lavoratori stranieri divenne una costante dopo averne vissuto sulla sua pelle le difficoltà: in Francia ed in Belgio, prete operaio tra i minatori, condivise con gli immigrati istanti di vita che lo segnarono profondamente e rafforzarono la convinzione di quanto ingiusto ed inumano sia ghettizzare una fascia di lavoratori che al pari, e forse più di altri, ha bisogno di tutela e considerazione. Dal 1964 è in Vicariato come responsabile dell'Ufficio Pastorale della diocesi del Papa e dal 1965 al 1970 assistente diocesano del Settore Giovani di Azione Cattolica. Nel 1973 viene nominato Cappellano di Sua Santità (Monsignore). Infine, nel 1980 riceve l'incarico di Direttore della Caritas Diocesana di Roma e Delegato Regionale Caritas per il Lazio. In tutta Italia è conosciuto per il suo impegno nella lotta contro ogni forma di emarginazione e nella promozione dei diritti degli ultimi, come espressione autentica della solidarietà e della fraternità della chiesa. La sua attività si è sviluppata attraverso molteplici linee, unificate dall'intento di rendere la Diocesi di Roma maggiormente compenetrata dallo spunto evangelico e di dare agli ultimi di qualsiasi categoria pieno diritto di cittadinanza. Don Luigi promosse inoltre un ampio lavoro di sensibilizzazione alla solidarietà, specie tra i giovani. Gli amministratori locali e i politici nazionali con i quali si incontrava per sviluppare i suoi progetti, si trovavano di fronte un uomo e un prete non certo malleabile, che dava filo da torcere a tutti, al di là del partito politico di appartenenza, ed anche ai suoi superiori ecclesiastici. Don Luigi fu un grande attuatore del Concilio, soprattutto per quanto riguarda l'impegno della Chiesa nel mondo contemporaneo. Egli era solito dire "L'espressione cattolico moderato non si addice ai credenti in Gesù, che non fu moderato, pervenendo alla morte di Croce per la sua intransigenza. Per questo il Padre lo ha resuscitato".Don Luigi è morto per un arresto cardiaco il 12 ottobre 1997 (poco più di tre anni fa), all'età di 69 anni. Il concorso in San Giovanni in Laterano per i suoi funerali di migliaia di persone, credenti e non credenti, fu un'importante testimonianza resa a un uomo, un sacerdote davvero "testimone di Gesù risorto". Ancor più importante, però, è l'impegno di tutti per portare avanti la sua opera a favore degli "ultimi". Don Luigi voleva bene agli obiettori di coscienza. In loro esprimeva la sua preoccupazione e attenzione al mondo giovanile e coglieva la possibilità di confrontarsi con una società inquieta proponendo allo stesso tempo un'esperienza significativa che in qualche modo potesse portarli a scoprire il significato e l’importanza dell’impegno sociale, della dedizione all’altro, della partecipazione civile.
Voleva bene agli obiettori perché amava l’entusiasmo e le idee che dall’entusiasmo nascevano. Voleva bene ai giovani perché li conosceva, sapeva intuirne i desideri, sapeva entusiasmarli e capirne le debolezze. Per questo poteva permettersi di essere duro con loro. Don Luigi era esigente perché l’amore è esigente. Molto prima che il fenomeno servizio civile assumesse le dimensioni che sappiamo aveva voluto che la Caritas valorizzasse il lavoro e il significato ecclesiale e politico degli obiettori di coscienza. Come sempre in largo anticipo sui tempi, aveva visto la necessità di progettare e di organizzare lo spazio per giovani interessati a trasformare un periodo di servizio allo Stato in un periodo di formazione alla cittadinanza attraverso il servizio alla gente più povera. E da subito aveva costruito un progetto educativo che non si caratterizzasse confessionalmente, ma fosse invece un punto di incontro tra la chiesa e i giovani di altre fedi e di altre ispirazioni a patto che fossero disposti a mettersi in gioco per i più deboli. Don Luigi dagli obiettori voleva questo: che amassero i poveri perché era convinto che amando i poveri avrebbero incontrato Dio e sarebbero stati dei veri e credibili operatori di pace. E voleva che i poveri fossero amati concretamente, ogni giorno, attraverso il servizio; ma voleva anche per loro un posto privilegiato nei sogni e nei progetti che i giovani avevano per la loro vita. L’amore per i poveri non deoveva essere residuale, relegato ad alcuni mesi della propria vita, ma doveva essere continuo, significativo, progettuale: un’amore insomma capace di cambiare il mondo e non solo di tranquilizzare le proprie coscienze. Era convinto che solo una percezione profonda della violenza strutturale che causa povertà può favorire la presa di coscienza per un percorso di pace e di giustizia che non sia episodico, ma che orienti e sia significativo per tutta una vita.
Da molti considerato un efficace uomo d’azione, Don Luigi era in verità un grande uomo di fede: fede nella parola e nel progetto di Dio, fede nel Gesù di Nazareth presente in ogni uomo, fede nell’uomo come luogo per incontrare Dio. A noi che l’abbiamo conosciuto e che abbiamo avuto l’opportunità di condividere tanti momenti insieme ha lasciato in eredità una forte testimonianza: la convinzione che, questa fede, senza le opere, è morta. Abbiamo avuto l’opportunità di vivere una forte esperienza di chiesa, di ricerca, di attenzione all’uomo, di coraggio. Sappiamo anche che tutto continuerà ad avere senso se sapremo viverne l’eredità con lo stesso coraggio, con la stessa passione e con la stessa lucidità: lo sappiamo e qualche volta ce lo diciamo anche. Quello che non sempre abbiamop il coraggio di dirci è che Don Luigi, come sacerdote, come uomo, come amico, ci manca; ci manca la sua intelligenza, la sua semplicità, la sua coerenza, la sua voglia di ascoltare tutti. la sua fede incarnata nella storia. Ci manca: forse è sbagliato, forse non dovrebbe essere così, ma ci manca.
Oliviero Bettinelli, responsabile del SEPM

2 commenti:

elsa ha detto...

Prendiamolo pure con le pinze..... MA ALMENO SPERIAMO CHE CE LO FACCIANO VEDERE...

elsa ha detto...

Allora, eva, sembra proprio che ce lo facciano vedere a .... breve scadenza... (o "prossimamente" come hanno trasmesso questa sera...)..