sabato 5 marzo 2016

Intervista a Giulio Scarpati da " Il Popolo Veneto"

“Una giornata particolare”: Intervista con Giulio Scarpati







di Francesca Monti

Farà tappa in Veneto l’8 marzo al Teatro Salieri di Legnago (Vr) e il 10 marzo al Teatro Comunale di Vicenza, “Una giornata particolare”, lo spettacolo teatrale tratto dall’omonimo capolavoro cinematografico sceneggiato da Ettore Scola e Ruggero Maccari, e portato in scena con l’adattamento teatrale di Gigliola Fantoni e la regia di Nora Venturini, con protagonisti due grandi artisti: Giulio Scarpati e Valeria Solarino.
“Una giornata particolare”, uno dei film di Scola più amati dal pubblico, venne realizzato nel 1977 con l’indimenticabile interpretazione di Sophia Loren e Marcello Mastroianni.

Al centro della storia ci sono Gabriele e Antonietta, due personaggi diversi ma accomunati da una profonda solitudine, che, grazie al loro incontro, cambiano, si trasformano, scoprono una parte nuova di se stessi, modificano il loro sguardo sulla realtà che li circonda. Antonietta, asservita ai figli e al marito, grazie a Gabriele mette in discussione le sue certezze sul regime, acquista maggiore rispetto di se stessa, assapora un modo diverso di stare con un uomo. Gabriele, omosessuale licenziato dalla Radio e in procinto di essere spedito al confino, costretto tutta la vita a fingere e a nascondersi, con Antonietta finalmente si sente libero, esce allo scoperto, per la prima volta si sente accettato, apprezzato e amato per quello che è.

Abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con Giulio Scarpati (grazie ad Alessandra Pompili), che torna a teatro dopo il grande successo ottenuto nel 2014 con la pièce “Oscura immensità” (con la regia di Alessandro Gassmann), e abbiamo parlato con lui dello spettacolo “Una giornata particolare”, del suo personaggio, Gabriele, del suo ricordo legato al grande regista Ettore Scola e dei prossimi progetti.


Giulio, è in scena con lo spettacolo “Una giornata particolare”, tratto dall’omonimo capolavoro di Ettore Scola. Qual è il suo ricordo del grande regista scomparso lo scorso gennaio?
“Con Ettore abbiamo lavorato insieme in “Mario, Maria e Mario”, ci siamo conosciuti, è nata un’amicizia, una stima molto profonda, poi ci siamo visti in occasione di vari festival e abbiamo parlato di questo progetto. Ettore è il regista che tutti conoscete, è stato un grande, le battute che ha scritto, che ha messo nei suoi film sono perfette. “Una giornata particolare”, proprio da questo punto di vista ha una serie di battute una più precisa dell’altra. Quando si parla di una persona a cui sei legato anche affettivamente sei sempre un po’ in imbarazzo perché c’è la corsa a dire io ero amico, quindi è meglio lasciare tutto nel privato. Mi è dispiaciuto tantissimo che se ne sia andato anche perché avrei voluto che vedesse lo spettacolo per sentire cosa ne pensava. Ne avevamo parlato con lui e con sua moglie, Gigliola Fantoni, che poi per fortuna ha fatto l’adattamento teatrale dando il via libera a questo progetto. Gigliola era presente anche alla prima ad Orvieto e ne siamo stati molto contenti”.

I due protagonisti, Gabriele da lei interpretato e Antonietta, impersonata da Valeria Solarino, sono entrambi soli, e questa condizione di solitudine permette loro di incontrarsi e di diventare amici…
“E’ l’incontro tra due persone disperate per certi versi, Gabriele è un uomo omosessuale che in questa giornata particolare viene mandato al confino, per lui questo giorno è abbastanza infausto e coincide con la visita di Hitler a Roma nel 1938. Vive una condizione di discriminato, è stato cacciato dalla radio e quindi è un uomo solo in questo momento, i suoi affetti sono negati. Incontra Antonietta, questa donna che abita nel suo stesso caseggiato che a sua volta è sola, frustrata, vessata dal marito, con dei desideri dentro di sé che non riesce ad esprimere, è considerata meno di zero. Quindi tutti e due hanno voglia di parlare, di farsi compagnia pur partendo da livelli sociali diversi. La cosa bella è che la solitudine li fa incontrare pur provenendo da due mondi completamente differenti, perchè hanno bisogno l’uno dell’altro. Gabriele cerca di togliere ad Antonietta queste sue certezze anche un po’ fasciste, per cui la donna deve essere relegata a un ruolo secondario, l’uomo deve comandare, fare tutto all’interno della famiglia. Questo incontro permette anche di scoprire la tenerezza di un amore che nasce da un uomo che ama altri uomini e non le donne. In questo momento di difficoltà e di disperazione sono due persone e due corpi che si parlano. Probabilmente questo è un messaggio universale che riguarda il tema dell’essere soli, del non parlarsi, non ascoltarsi. Loro si parlano e si ascoltano, in un contesto dello spettacolo che alterna momenti molto divertenti ad altri commoventi. Questo è un altro aspetto che mi piace perché tutti i film di Ettore Scola hanno un’ambivalenza di sentimenti, il passaggio dal riso al pianto, da una situazione tragica a una comica o viceversa, quest’idea che la vita è fatta di tantissime sfumature, di tante cose insieme e che ti sorprende sempre. Questa sua capacità di raccontarlo si ritrova anche in “Una giornata particolare”, perché la sua abilità sta nel mettere insieme il quotidiano e la riflessione senza che diventi didascalica. Anche la critica al fascismo non è ideologica ma prende in giro le follie dei totalitarismi, ad esempio c’è la figlia che alla fine della parata torna e dice Hitler è bellissimo, solo il potere del potere può fare bello anche chi non lo è, è come se un popolo perdesse la propria coscienza critica e accettasse qualunque cosa perché è completamente vittima non solo della propaganda ma anche dell’idea che una persona da sola possa risolvere qualunque problema. E’ uno spettacolo molto bello proprio perché ci sono queste ambivalenze, c’è il tema dell’omosessualità, ma anche della donna che in quegli anni non veniva considerata, però al centro c’è la solitudine e la disperazione dei due protagonisti che riescono a parlarsi e a comunicare in tutti i sensi”.

“Una giornata particolare” è ambientata ai tempi del fascismo e del nazismo, quando gli omosessuali e le donne erano fortemente discriminati. Sono passati molti anni, ma la tematica della solitudine, del mettere ai margini della società quelle persone che vengono considerate diverse, in base a criteri non ben specificati, è ancora purtroppo molto attuale…
“Sì, è ancora molto forte, sono stati fatti grandi passi avanti, pensiamo anche alle ultime legislazioni sui diritti delle coppie, però quello che secondo me è centrale è proprio questo aspetto non solo della discriminazione ma anche del sentirsi fuori posto, non considerati. Gli omosessuali in quel tempo venivano mandati al confino quindi pensiamo un po’ che tipo di discriminazione c’era, questo fatto di doversi sempre nascondere, di fingere. Io ad esempio mi sono fatto crescere i baffi per dare l’idea di un tentativo di virilità, di uno che vorrebbe non essere scoperto, infatti il tema della scoperta, della vergogna è molto forte per tutti quelli che si sentono diversi, non adeguati”.

Gabriele e Antonietta sono di estrazione sociale e culturale diversa, ma riescono comunque a capirsi…
“La cosa bella e poetica è che c’è questo incontro tra persone con culture diverse, lei è povera e ignorante, ma dotata di sensibilità, grazie alla quale riesce ad arrivare dove non c’è stata una preparazione culturale e a vedere tutto quello che non c’è, con quella naturalezza con cui il popolo a volte riesce a capire al volo le cose. Antonietta fa questa analisi incredibile di se stessa in una giornata, nello spazio dello spettacolo. E’ bello anche questo aspetto infantile e liberatorio che caratterizza i due protagonisti, vogliono finalmente fare le cose che non è consentito loro fare, Gabriele vuole ballare e Antonietta è piena di entusiasmo, è curiosa, vuole che questa persona giochi insieme a lei”.

Sta lavorando ad altri progetti?
“Ci sono dei progetti, ma al momento la mia priorità è la scuola Percorsi d’attore. A maggio, appena sarà finita la tournée teatrale, farò le mie lezioni. E’ una cosa  cui tengo molto perché bisogna dare ai ragazzi gli strumenti per capire se possono fare questo mestiere ma anche non togliere loro il sogno di poterlo realizzare, con troppo cinismo o frasi tipo fa tutto schifo. Bisogna dare anche a loro la possibilità di sognare”.

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