giovedì 5 giugno 2014

Articoli e video da Napoli e da Santa Maria di Casellabate per Giulio Scarpati e il suo libro

 ARTICOLO  DA 'LA REPUBBLICA' DI  NAPOLI    del   3 giugno 2014

di GIUSEPPE DEL BELLO




"E' stato il modo per comunicare con lei, anche se non c'era coscienza. E di questi argomenti si deve parlare per uscire dalla vergogna". Non recita ruoli teatrali Giulio Scarpati, quando parla della sua vita familiare, quando ricorda il rapporto con la madre e ripercorre le tappe di un'esistenza che si perde nel buco nero della memoria cancellata. Nel libro "Ti ricordi la casa rossa? Lettera a mia madre" (Mondadori), che l'attore ha presentato al Blu di Prussia, Scarpati mette a fuoco la sofferenza e le ripercussioni socio-familiari dell'Alzheimer, patologia neurologica altamente invalidante.

Anziani, malattie, emarginazione: è circolo vizioso?
"La mia infanzia, l'adolescenza, frammenti della mia crescita, anche il teatro. Ho ripercorso tutto questo, per me e per la mia mamma". 

Parlarne, almeno nella realtà quotidiana, costa fatica...
"La speranza era di riuscire a farlo in toni pacati, senza nascondersi. La società odierna tende a rifiutare una malattia come l'Alzheimer come se fosse qualcosa di cui vergognarsi". 

E invece?
"Vede, quando ci si trova in casa un familiare colpito da una malattia degenerativa, si tende a tenerlo a distanza, lontano da noi, dall'asilo nido, dalla città... ". 

Pur se malato, invece, dovrebbe restare in famiglia?
"Certo, a contatto con la realtà. Nel libro ripercorro la storia della mia famiglia, partendo proprio dal Cilento, dalla casa di mio nonno e dai ricordi degli anni '30. Lui, svizzero-tedesco, da qui ha vissuto le vicende belliche, lo sbarco degli americani. Tutte cose che mi aveva raccontato mia madre". 

E parlarne di nuovo, pensa che le abbia giovato?
"In un certo senso sì, sono sicuro che sul piano emotivo qualcosa le arrivava. Ma anche i parenti di un malato di Alzheimer dovrebbero essere aiutati a uscire dalla solitudine. È difficile, quando c'è stata la diagnosi evitavo di leggere qualsiasi cosa che riguardasse la malattia. Non si sa mai come comportarsi, ad esempio, quando un paziente perde la capacità logica. Io le facevo ascoltare la musica di Roberto Murolo, lei amava la città anche se per metà era di sangue asburgico. Credo che queste malattie siano anche frutto della solitudine". 

La sua è anche una riflessione sulle età della vita...
"Oggi non si cerca di mantenere il legame tra generazioni e la vecchiaia è considerata l'anticamera della morte. Il vecchio, invece, non ha il coltello tra i denti, il suo sguardo è più leggero e pensa alle priorità, senza arrabbiarsi per motivi futili". 

CALOROSA, AFFETTUOSA ED EMOZIONANTE ACCOGLIENZA NEI 'LUOGHI' DEL LIBRO...

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