venerdì 18 aprile 2014

Il libro di Giulio Scarpati e le belle reazioni dei lettori...

 Giulio Scarpati ha presentato, recentemente, a Pistoia, il suo libro "Ti ricordi la casa rossa?", dedicato alla madre, Flavia, malata, da alcuni anni, di Alzheimer. In mezzo al pubblico c'era Antonella Cantini, una gentile signora pistoiese che ha fatto tesoro della testimonianza dello scrittore e che, dopo quell'incontro, ha deciso di scrivere al sindaco di Pistoia, al presidente della Società della salute e al direttore generale dell'azienda sanitaria. Li ringrazia per un'esperienza di buona sanità che lei, figlia di una malata di Alzheimer, sta vivendo.

Si tratta del Caffè Alzheimer, un pomeriggio di incontri fra persone malate, operatori e familiari che si tiene, da qualche anno, ogni lunedì, nella Fabbrica delle emozioni, in via Antonelli, alle porte di Pistoia. Nella lettera di Antonella, è sua madre che parla. Sono tutte le parole che la malattia le impedisce di ricordare, di pronunciare, tutti quei pensieri che non le è più possibile infilare uno dietro l'altro ma che, probabilmente, sono lì, nel suo cuore.
 "Nella libreria - scrive Antonella - c'erano tante persone, il clima era sereno, le parole dolci, i toni pacati, e quando, alla fine, ci siamo avvicinate per salutare Scarpati, la mia mamma, guardandolo dritto negli occhi con un sorriso luminoso gli ha detto: “avrei tante cose da dirti” ma la malattia non le ha permesso di tradurre in parole le emozioni che percepiva, i sentimenti che provava, le idee che aveva in testa.
 "Lei - prosegue Antonella -,  ora vive serena, rispondendo essenzialmente al contesto momentaneo, le sue capacità si sono limitate, ma è ancora sufficientemente presente. Per cui, cercando di farmi interprete di quei suoi stati d’animo, emozioni e sentimenti provo a esprimerli come se fosse lei a parlare.". Ecco quindi il testo.
 "Giulio, ti rubo un minuto e ti racconto le mie nuove esperienze qui, nella mia città di Pistoia, visto che hai parlato della tua mamma, della sua malattia e di una tua idea per gli anziani di Roma. Da un anno circa, ogni lunedì, frequento il “Caffé Alzheimer ”, o meglio tra noi diciamo: “oggi si va alla festa, a cantare e a fare merenda”. Non vado da sola, ma con mia figlia e con la cara, bella e giovane signora che abita con me, la mia dama di compagnia.
 Lì con …. (non ricordo!) e con volontari affettuosi e premurosi giochiamo, facciamo le attività che propongono e che riusciamo a fare, in una sala accogliente e colorata, proprio adatta per il divertimento. La sala accanto è dedicata alla musica e con…. (questi nomi!) a turno cantiamo, creiamo melodie, suoniamo le percussioni e tanti di noi si scoprono… canterini. Mentre io mi diverto mia figlia e i parenti delle mie amiche e amici di gioco si riuniscono in un’altra stanza, con loro la saggia infermiera di geriatria, la dolce rappresentante delle politiche sociali del comune, talvolta un medico, uno psicologo, un avvocato, la referente dell’Aima.
 Loro parlano tanto, organizzano le nostre attività, raccontano le proprie esperienze, si consigliano per risolvere tutti i problemi. Talvolta piangono, talvolta ridono, poi si abbracciano, si tirano su di morale, ascoltano e condividono la vita di ciascuno, anche quella dei parenti dei compagni che non ci sono più. Persone che non hanno più da convivere con l’Alzheimer ma che comunque continuano a frequentare il “Caffé”, prima per superare il dolore poi, spesso, come volontari.
 Alla fine tutti si sentono sollevati, non si sentono soli e sempre più prendono campo una profonda solidarietà e una sincera amicizia. A conclusione della serata ci riuniamo tutti per cantare insieme le ultime canzoni e per gustare torte, pasticcini, tè e caffé, ma soprattutto per noi anziani arrivano più abbracci e più sorrisi. E questa è una gran bella cosa. Un’altra cosa ti voglio dire: periodicamente ci portano anche al museo, ma non uno qualsiasi, andiamo a Palazzo Strozzi a Firenze a vedere le mostre di arte, nell’ambito del progetto “A più voci”.
 Ci sediamo tutti davanti a un’opera famosa esprimiamo le sensazioni che proviamo, tutti quanti, giovani e anziani, con le parole che vengono, poche o tante, tutte quelle che spesso restano nascoste. Gli organizzatori raccolgono le nostre impressioni, poi insieme inventiamo un racconto prendendo spunto dall’opera che stiamo osservando. L’ultimo giorno invece restiamo nel laboratorio e creiamo, realizziamo con le mani e tanta fantasia la nostra opera d’arte. E’ proprio una gran bella esperienza coinvolgente e non convenzionale che avvicina a noi i nostri cari, che stimola la nostra percezione, i nostri sensi e quando poi, a distanza di qualche mese, ci propongono di tornare al museo ce lo ricordiamo!".
 "Ecco - riprende e conclude la signora Antonella Cantini -, questo è quello che voglio dire a tutti, perché l’attività svolta dal Caffè è quel dolce cucchiaino di zucchero che aggiungiamo ad un sempre più amaro caffé chiamato Alzheimer".
lucia agati
 FONTE : 'LA NAZIONE ' di Pistoia, 12 aprile 2014

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