mercoledì 30 aprile 2014

Bella recensione dal sito 'Gli amanti dei libri' su 'Ti ricordi la Casa Rossa?'


“Quanti luoghi comuni sulla memoria. Ad esempio, che il ricordo corrisponda alla somma algebrica di evento + tempo trascorso. Invece funziona in modo più strano di così”.
La lettera di un figlio alla madre malata di Alzheimer è lettera di memoria. Per aiutare a ricordare chi non riesce a parlare. Per aiutare a riconoscere. Per tentare di non perdere.
Giulio Scarpati, nel suo Ti ricordi la Casa Rossa? parla alla madre ammalata e rappresenta la sua memoria, quello che pian piano, nella mente colpita dalla malattia, svanisce. Come se quella lettera fosse un modo per riportare le cose al loro posto. Un dialogo, appunto, tra un figlio e la madre. Tra un figlio che rammenta i viaggi da Roma a Licosa, dove è la Casa Rossa delle vacanze, in provincia di Salerno, meta che è origine della madre, meta che è arrivo di periodi di spensieratezza. Un dialogo che narra per non far perdere una memoria ormai inesorabilmente colpita dalla malattia.
“Non c’è futuro, e senza futuro il presente è solo il passato. Per questo sono qui accanto ma non mi vedi. O mi vedi e non mi riconosci. Mi fissi e mi attraversi con lo sguardo. Vedi altri, di altri tempi. […] Sei nel nostro spazio ma sospesa in un tempo tutto tuo”.
Ricordi tra sofferenza e voglia di amare, tra dolore e amore. Luoghi, ma anche fatti. Percorsi di un figlio che diventa attore, di un rapporto tra madre e figli, di amicizie e amori che crescono. Non è una biografia, eppure in certi tratti la ripercorre. Ma quando anche le assomiglia, si trasforma in momento da narrare per aiutare a ricordare, per essere a sua volta memoria per chi questa memoria la sta perdendo.
Ci sono gli spazi dell’infanzia e dell’adolescenza, ci sono gli impegni sociali e professionali non solo di Giulio Scarpati, ma dell’intera sua famiglia, ci sono figli che crescono e genitori che invecchiamo, figli che studiano, che hanno dubbi e genitori che sono lì.
Ma sono momenti di ricordi di fatti passati che si intermezzano quasi senza soluzione di continuità con le domande personali, con il chiedersi quando e dove la malattia e il dolore possano avere avuto inizio (“Mamma, com’è iniziato questo calvario? Non lo so. È difficile anche capire quando. A un certo punto sei diventata molto aggressiva, senza motivo. Pensavamo: “Sarà l’età”. Quando una persona iperattiva perde colpi diventa irascibile. Ti arrabbiavi perché “il computer non funzionava più”. Invece funzionava eccome. Eri tu che non riuscivi più a usarlo”).
Una storia personale, fatta di momenti e di luoghi familiari. Ma una storia che diventa universale quando ripercorre i passaggi che ogni famiglia si trova a vivere quando si trova ad affrontare una situazione di un proprio caro colpito dal morbo di Alzheimer. Storia propria che diventa condivisione nella sofferenza propria, ma anche di chi dalla malattia è colpito, dal suo rifiuto ad accettare quello che sta succedendo, quando all’inizio, ancora lucido, capisce che sta succedendo.
C’è tanto Giulio Scarpati qui dentro. Ma c’è tanta mamma Flavia, ci sono le sue passioni, insegnante d’inglese che sogna l’ecologia e a cui interessano “la chimica, la geografia, la storia”, che “a fianco di Renato Nicolini”costruì “il sistema bibliotecario di Roma”. E che a un certo punto si scontra con quel tracollo prima fisico, poi della mente. “È strano – si legge alle pagine 114 e 115 di questo profondo e toccante libro – quello che succede con l’Alzheimer. È crudele. Non sai più fare le cose ma mantieni viva la sensazione di doverle fare. Eri sempre impegnata a scrivere i tuoi libri e, quando hai perso la capacità di formulare lunghe frasi, ti è rimasta comunque l’ansia di dover finire qualcosa. Una parte di te sapeva di aver lasciato un compito irrisolto, allora improvvisamente avevi un sussulto: <>. E io: <>. <>. È un continuo rimandare, finché non dimentichi cosa dovevi fare”.
E c’è alla fine il tentativo di trovare un senso, “afferrabile per poco e forse non abbastanza consolatorio, eppure c’è”, fatto di forza di volontà, di voglia di affrontare, combattere, che parte dalle persone, “dalla rete di relazioni forti, travolgenti, imperfette, dagli affetti che uno ha creato nel tempo. Quelli restano anche quando la memoria se ne va”.

http://www.gliamantideilibri.it/archives/41024

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho letto il libro tutto d'un fiato e nella mia mente sono apparsi mille ricordi del mio passato felice e spensierato, ma quando il destino mi ha voluto mettere alla prova con la dipartita di mio padre, tutto è sembrato vano ed inutile fino a quando la vita mi ha regalato la gioia di avere una figlia: il frutto di un grande Amore...