sabato 4 gennaio 2014

Inizia a giorni la tournée di "Oscura immensità" con Giulio Scarpati

Manca poco all'inizio della Stagione teatrale  2014 di "Oscura immensità"
dal romanzo L’oscura immensità della morte, di Massimo Carlotto
regia Alessandro Gassmann
con Giulio Scarpati, Claudio Casadio
produzione Teatro Stabile del Veneto
in coproduzione con Accademia Perduta Romagna Teatri




QUI LE DATE FINORA CONFERMATE
I biglietti andranno prenotati telefonando oppure  recandosi al botteghino dei vari teatri

   
In questo video qualche 'assaggio' tratto da spettacoli dell'anno scorso

una breve recensione...

 La non-vita immersa in una "Oscura immensità"

Un palcoscenico nero, buio e sospetto, per dare l'idea della morte, dell'angoscia e del dolore. Ma la scena sapientemente allestita diventa solo uno degli ingredienti molto ben studiati per descrivere una oscura immensità che pervade corpo e mente di  quei due uomini ossessionati da irrisolti e pesantissimi  macigni interiori. I monologhi rimbalzanti di Silvano Contin, vittima inconsolabile di due perdite laceranti, il figlio di otto anni e la moglie, in una banale rapina, e Raffaello Beggiato, in carcere e malato terminale di cancro, nascono come narrazione, quasi una 'cronaca' di ciò che è accaduto e via via si trasformano. Un crescendo di parole che tenta di spiegare, risolvere, giustificare, giustificarsi e poi, man mano, inveire, beffeggiare, con malato sarcasmo e vane illusioni.
 Ad un certo punto del dramma noir che vede confrontarsi i bravissimi attori Giulio Scarpati e Claudio Casadio su due ben  distinti e invalicabili spazi scenici, lo spettatore rischia di non distinguere più i due ruoli, stordito dal ribaltamento che gradualmente renderà 'oscura' anche l'anima di chi poco prima appariva la vittima, colui per cui provare compassione...Anche il discorso della colpa, del perdono, della giustizia e di chi abbia il compito istituzionale o meno, di esercitarla, diventa probabilmente secondario nel momento in cui, dal fatto di cronaca si passa alla disperazione e alla non vita dei due protagonisti.
 In fondo, le parole, forti, hanno già 'detto' tutto. Le rispettive esistenze si possono solo ricercare nell'eco insistente della voce della moglie di Contin in fin di vita “È tutto buio, Silvano, non vedo nulla. È tutto buio. Ho paura. Aiutami” e nell' illusionismo delle retro-proiezioni, intermittenti citazioni  di vissuto e vivibile. Un'ora e venti di catarsi, quella che ogni amante della buona recitazione desidera nel momento in cui sceglie di sedersi sulla poltrona di un teatro.                                                          
 di Anna Maffei 



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